Autore di alcuni tra i più celebri romanzi di tutti i tempi (Il Circolo Pickwick, Le avventure di Oliver Twist, David Copperfield, Grandi speranze ecc.), Charles Dickens può essere considerato in un certo senso lo Stephen King della sua epoca: poco amato dai critici, ma seguito e osannato da folle di appassionati lettori, che aspettavano con ansia l’uscita di ogni puntata delle sue storie.
“Non crediamo che la sua fama durerà”, dichiararono nel 1858 i giornalisti del Saturday Review, dando decisamente prova di scarsa lungimiranza.
Un’infanzia… dickensiana
Da piccolo, quando il padre finì in galera per debiti, Dickens fu costretto a lavorare in una fabbrica che produceva lucido da scarpe. Il suo compito era quello di incollare le etichette sulle bottiglie di lucido, per dieci/dodici ore al giorno e sei scellini alla settimana.
Un’esperienza infernale, che deve aver influito in modo determinate sulla scelta dei temi affrontati nelle sue opere, spesso legati alle difficoltà di bambini poveri e maltrattati.
Storia di un’ossessione
Nel 1836 Dickens sposò Catherine Hogarth, ma pare che divenne molto intimo con una delle sue due sorelle minori, Mary.
Quando, nel 1837, Mary Hogarth morì a soli diciassette anni, Dickens reagì in maniera per molti esagerata: le sfilò dal dito un anello che poi avrebbe portato per tutta la vita, conservò tutti i suoi abiti e dichiarò addirittura di voler essere sepolto nella sua stessa tomba. Pare che per anni sia stato perseguitato da visioni del suo fantasma.
A Mary sono ispirati molti personaggi femminili del grande scrittore, tra cui la piccola Nell de La bottega dell’antiquario.
Dickens fu ossessionato per tutta la vita dalla giovane cognata prematuramente scomparsa, di cui scrisse: “Il ricordo di lei è una parte essenziale del mio essere ed è inseparabile dalla mia esistenza come il battito del mio cuore”.
Maniaco dell’ordine e dell’igiene
Sembra che Dickens fosse solito riordinare in modo compulsivo: si rifiutava di scrivere in una stanza in cui tavoli e sedie non fossero esattamente al loro posto.
Era anche un maniaco dell’igiene: si spazzolava i capelli centinaia di volte al giorno e, ogni volta che un amico si allontanava, puliva tutto meticolosamente.
Superstizioni e scaramanzia
Dickens toccava tutto tre volte per scaramanzia, pensava che il venerdì gli portasse bene e si allontanava sempre da Londra il giorno in cui veniva pubblicata l’ultima puntata di uno dei suoi romanzi.
Sosteneva di non poter dormire se non con il viso rivolto a nord, a causa di non meglio precisate correnti terrestri e questioni di elettricità positiva e negativa.
Credeva che l’allineamento dei pianeti fosse un forte stimolo alla creatività.
Un macabro passatempo
Dickens era morbosamente attratto dall’obitorio, dove trascorreva intere giornate ad osservare i cadaveri non identificati esposti al pubblico.
“Una forza misteriosa mi attrae all’obitorio”, dichiarò.
Non solo. La stessa “attrazione per la repulsione” – così la definì – lo spingeva anche a recarsi sulle scene di delitti famosi e a soffermarsi sui macabri dettagli di efferati crimini.
Porte segrete e libri immaginari
Nello studio della sua abitazione a Gad’s Hill Place, nel Kent, Dickens aveva delle porte segrete camuffate da librerie, con ripiani su cui poggiavano libri immaginari, con titoli inventati da lui stesso.
Eccone alcuni esempi: Five minutes in China (Cinque minuti in Cina), i nove volumi di Cat’s Lives (Vite di un gatto), The Wisdom of Our Ancestors (La saggezza dei nostri antenati), opera in più volumi dedicata a malattie e strumenti di tortura, e The Virtues of Our Ancestors (Le virtù dei nostri antenati), volume unico e sottilissimo.
Un gran fiuto per gli affari
Nel corso della sua fortunata carriera Dickens dimostrò di possedere un gran fiuto per gli affari.
In primo luogo, ebbe la redditizia idea di serializzare i suoi romanzi. Era pagato a puntata: più erano le puntate, maggiori i compensi corrisposti.
Pensò, inoltre, di pubblicare e ripubblicare le sue opere in varie edizioni speciali, altra trovata che contribuì a renderlo benestante.
“Un reddito annuo di venti sterline e spese annue di diciannove sterline e sei pence portano alla felicità”, dichiarò.
L’incidente ferroviario
Il 9 giugno 1865 Dickens fu coinvolto nell’incidente ferroviario di Staplehurst, nel corso del quale sei carrozze del treno sul quale viaggiava precipitarono da un ponte in riparazione: l’unica carrozza di prima classe che rimase sul ponte fu proprio quella in cui si trovava lo scrittore.
Rimasto sul posto per assistere i feriti, ritornò poi nella sua carrozza per salvare i manoscritti dell’opera incompiuta Our Mutual Friend (Il nostro comune amico).
Dickens cercò di evitare le inchieste sul disastro, per non far trapelare il motivo del suo viaggio: era infatti di ritorno dalla Francia, dove era andato a trovare l’attrice Ellen Ternan, la donna con la quale aveva già iniziato una relazione prima della separazione definitiva dalla moglie Catherine.
Nonostante ne fosse uscito incolume, lo scrittore non fu mai in grado di cancellare dalla sua mente le immagini del disastro.
Morì il 9 giugno 1870, esattamente cinque anni dopo l’incidente.
Per saperne di più, vi consiglio lo spassosissimo Vite segrete dei grandi scrittori, di Robert Schnakernberg (Electa, 2014).